“Il Popolo d'Italia”, organo del Partito nazionale fascista, esce il 15 luglio del 1922 con il seguente titolo: “L'imminente crollo delle ultime roccaforti del Pus. Onore ai fascisti di Cremona, di Rimini, di Andria, di Viterbo, di Sestri Ponente. La mobilitazione fascista a Novara”. Il linguaggio violento e denigratorio, tanto quanto le azioni in corso, appella Novara come “una delle ultime roccaforti del pus”. L’articolo di Mussolini così sostiene: ”Anche a Novara la battaglia volge al termine trionfalmente per noi. Basta leggere i giornali avversari per comprendere che la massima confusione regna nel campo nemico. Chi invoca il Governo; chi minaccia lo sciopero generale; chi raccomanda l'attesa e la pazienza. Non c'è una parola d'ordine, non c'è un piano […] ancora e sempre ci chiamano banditi, canaglie, barbari, schiavisti, briganti, venduti. Ce ne freghiamo. Voi stampate, signori, delle inutili parole ingiuriose. Noi vi rispondiamo sabotandovi politicamente e sindacalmente le ossa. Con chirurgica inesorabilità”.
Il 17 di luglio 1922, dopo i fatti di Lumellogno, in Prefettura alla presenza del Prefetto e di varie personalità cittadine, si cercò di raggiungere una pacificazione. Un manifesto ordinava la ripresa del lavoro per il giorno dopo, ma nella notte i fascisti continuarono le loro scorribande, e lo sciopero quindi continuò.
La sera di martedì in piazza Cavour avvenne un fatto cruento: durante la distribuzione di giornali antifascisti, un giovane che li distribuiva fu affrontato da alcuni fascisti, mentre un passante, che poi si diede alla fuga, scaricò la rivoltella sul fascista Coppa, che morì. La rissa che seguì fu la scusa per un’operazione in realtà premeditata dalle camicie nere, cioè l’assalto alla Camera del Lavoro, poco distante da quel luogo, nei pressi della Stazione.
Arrivò quindi un carretto con scritto “birra” che in realtà conteneva benzina e si avviò verso la Camera del Lavoro che fu invasa da un centinaio di fascisti. La forza di pubblica sicurezza non intervenne, così gli squadristi, armati di rivoltelle, si impadronirono della bandiera e diedero alle fiamme le carte, i mobili. gettati sul pavimento e poi in mezzo alla piazza. Quando arrivano i pompieri per spegnere l'incendio, vengono fermati impedendo loro di far
funzionare le pompe idrauliche. Intanto i soldati avevano sostituito le guardie regie, mentre i compagni presenti all'interno della Camera del Lavoro, sospettando che si trattasse di un tranello, avvisarono i deputati in modo che fuggissero, scavalcando il muro interno della trattoria Riviera D'Orta. Quando venne issata sul balcone della Camera del Lavoro la bandiera nazionale, i fascisti decisero di devastare la Biblioteca Proletaria, affidata alle cure di Benvenuta Treves.
Dopo l'incendio della Camera del Lavoro un gruppo di squadristi si diresse poi verso la sede del municipio, simulando il trasporto di feriti, in modo da riuscire ad entrarvi. Issarono così, a fianco della bandiera del comune, il tricolore nazionale il gagliardetto del fascio e dichiararono decaduta l'amministrazione comunale. Il deputato socialista Secondo Ramella, Segretario della Camera del Lavoro e assessore comunale, viene minacciato di morte.
Alle 23 ci fu poi, attraverso la città, una grande sfilata di fascisti che mostravano come trofei le bandiere delle leghe rosse e della Camera del Lavoro che avevano sottratto. Durante la notte, l'Alleanza del lavoro dichiarò lo sciopero di solidarietà in tutto il Piemonte, mentre veniva occupato anche il “Circolone” di sant’Agabio. Al termine di queste vicende, il Prefetto pubblicò un manifesto in cui si minacciavano sanzioni penali a chi avesse turbato la libertà di lavoro.
Il manifesto apparve sui muri la mattina del 19 luglio, assieme all'ordinanza con cui veniva imposto il coprifuoco.
Il 19 luglio il Prefetto di Novara nominò Erminio Muggia commissario prefettizio, in attesa di nuove elezioni.
L’atto sosteneva che, avendo trovato il Municipio privo di amministratori, era necessario mettere un responsabile.
Con poche parole, si mise fine a Novara alla democrazia.
Il 13 agosto venne sciolto il Consiglio comunale di Novara.
Il 26 novembre 1922, un mese dopo la marcia su Roma, un Decreto del Re e di Mussolini spostò di altri tre mesi le elezioni amministrative.
Le violenze squadriste continuarono in città anche nei giorni successivi, fino a sabato 22 luglio. Fra i vari atti, si ricorda l’assalto all’edicola di S. Agabio, del socialista Concia.