Durante gli scioperi in corso nel luglio 1922 sia per ragioni di conflitto sociale, che per protesta contro le violenze fasciste, anche a Trecate la violenza politica si diffuse velocemente. Sfruttando le insofferenze verso gli scioperi, di cui una parte della cittadinanza riteneva che si abusasse, arrivarono a Trecate delle spedizioni punitive di squadristi. A Trecate il Partito socialista aveva trovato aderenti fin dal 1893 e aveva il suo punto d’incontro presso il Caffè-Offelleria di Alessandro Quaglino; nel 1912 era nata una Cooperativa e nel 1917 si era inaugurata la Casa del Popolo. Dopo la Prima guerra mondiale, Quaglino era stato eletto Sindaco. Nel 1921 il Sindaco era invece Bernardo Bianchi, figlio del Presidente della Casa del Popolo. L’occasione per gli attacchi di Trecate fu individuata, come scusante, in un omicidio, seguito ad una rissa, avvenuto nella vicina Sozzago, di cui vennero considerati responsabili i “rossi” di Trecate. Il 15 luglio un gruppo di fascisti esce di straforo dalla stazione, scavalcando la cancellata per evitare i controlli dei carabinieri ed entra in città. Alcuni cittadini cercano di difendersi con sassi e addirittura forconi, senza vittime. Le sedi dei circoli socialisti e comunisti vennero presidiate e difese giorno e notte dai propri membri; un cordone di militari armati circondava la Casa del popolo a sua difesa. La giornata si concluse senza particolari conseguenze, e anche il 16 e il 17 luglio furono giorni tranquilli, con qualche prova delle sirene delle sedi socialiste.
Nella notte del 18 luglio, in analogia a quanto succedeva nel resto della provincia, anche a Trecate arrivò un gruppo di squadristi fascisti dopo che, all'inizio del mese si erano stanziati nell'asilo della città da cui volevano partire per assalti alle sedi socialiste, ma furono fermati. Il giorno dopo giunsero da Romentino e da Galliate circa 250 fascisti, e con i camion occuparono la piazza, bloccarono le vie vicine, allontanarono i passanti, e poi cominciarono a distruggere. Invasero il circolo Ferrer, la cooperativa, la pasticceria dell'ex sindaco. Dopo circa due ore attaccarono i circoli dell'Internazionale, della Fratellanza, di Unione e Progresso, dell'Unione Avanti, ma anche il Circolo dei liberali “Principe di Napoli”. Il terzo giorni i fascisti occuparono la Casa del popolo, che venne derubata di tutte le sue ricchezze, mentre altri suoi beni vennero riversati nella piazza e dati alle fiamme. Perfino la struttura venne demolita, legando le colonne portanti ai camion. Un comando fascista rimase a presidiare la città e dal balcone del Municipio parla cesare De Vecchi, invitando in 24 ore a “bruciare e purificare la città.